Benefici della Direttiva c.d. “madre-figlia”: recente pronuncia della Cassazione

La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta (Sentenza n. 25490 del 10 ottobre 2019) su un caso di mancata spettanza dei benefici della Direttiva c.d. madre-figlia, di cui si contestava l’abuso.
I requisiti che la Suprema Corte ha individuato come necessari per l’ottenimento di tali benefici sono:
- la necessaria dimostrazione, da parte del contribuente, che la “sede di direzione effettiva” della società madre sia effettivamente nel paese europeo ove è stata costituita, non essendo a tal fine sufficiente la produzione del certificato di residenza fiscale rilasciato dall’autorità fiscale estera;
- la conferma che non può richiedersi ad una società holding di operare con una struttura analoga a quella di società industriale o commerciale;
- la necessità che la società madre paghi imposte sui dividendi corrisposti dalla società figlia italiana, non risultando integrato il requisito dell’art. 2, par. 1, lett. b) della Direttiva madre-figlia nel caso in cui la società madre abbia goduto della participation exemption.
L’ultimo punto è certamente il più dirompente ed è in contrasto con altra giurisprudenza della Corte di Cassazione e con le logiche adottate dall’Agenzia delle Entrate nella recente risposta all’istanza di interpello n. 57 del 15 febbraio 2019.
Il tema sarà oggetto di approfondimento e commento nel workshop Optime “Ritenute sui pagamenti a beneficiari esteri”, in programma a Milano il 13 marzo prossimo.
Nel corso del workshop saranno analizzate le principali tematiche concernenti la fiscalità dei pagamenti effettuati in favore di beneficiari esteri, con particolare riguardo per le riduzioni ed esenzioni da ritenuta previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni e dalle direttive dell’Unione Europea.
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